L’amore malato: relazioni tossiche e violente – Psicologa Roma Acilia Ostia – Psicoterapeuta Infernetto Casal Palocco – Online
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L’amore malato: relazioni tossiche e violente

Le relazioni “tossiche” sono sempre relazioni di dipendenza: vittima e carnefice si incastrano e non riescono più a separarsi. Campanelli d’allarme e suggerimenti per uscirne.

Alcune storie d’amore sono solo apparentemente tali, in realtà sono relazioni pericolose ed estremamente nocive, proprio come una tossicodipendenza. In questo tipo di rapporti si annidano sopraffazioni, manipolazioni, violenza e abusi di potere, confusi e mascherati, purtroppo, da testimonianze di affetto e legame.

Alla base di questi legami violenti ci sono sempre forme di dipendenza affettiva: la miscela esplosiva si innesca proprio quando si aggiunge l’ingrediente del narcisismo maligno, allora si aprono scenari drammatici e di difficilissima gestione, con conseguenze devastanti e talvolta, purtroppo, letali.

Dipendenza affettiva: l’amore come una droga

Chi è incline alla dipendenza affettiva, pur di gratificare il partner e scongiurare il pericolo dell’abbandono, arriva a negare i propri bisogni, a mettere in secondo piano le proprie esigenze e far calpestare i propri diritti.

Il partner diventa la principale fonte di interesse e gratificazione, tutto ruota attorno a lui. È una forma di legame simbiotico, ossessivo, paragonabile alla dipendenza da una sostanza: l’altro, come una droga, attiva un bisogno incontrollabile (craving), un senso di vuoto e disagio da “astinenza”, incapacità di controllare i propri pensieri e comportamenti (ossessività e compulsività), conflitti interni e con l’ambiente esterno (o allontanamento dagli altri), talvolta tentativi di “disintossicazione” seguiti da continue ricadute.

Il bisogno dell’altro è tale che si instaurano relazioni dolorose, profondamente insoddisfacenti, in cui tutto si accetta e tutto si tollera pur di mantenere il legame.

Il partner narcisista

Quando una persona con tendenza alla dipendenza affettiva incontra un partner narcisista, manipolatore o violento, si apre uno scenario drammatico, perché la futura vittima sarà disposta a tutto pur di conservare il legame ed il narcisista, intuendo e giocando sulle sue fragilità, alzerà sempre di più l’asticella fino a veri e propri abusi psicologici e talvolta anche fisici, spesso con conseguenze devastanti sulla vita del partner e sulla sua autostima.

Il narcisista si presenta come una persona amabile e gentile, al di sopra di ogni sospetto, ma quando la relazione diventa intima getta la maschera e si trasforma in un vero tiranno: insensibile, egocentrico, manipolatore, è incapace di mettersi nei panni dell’altro, perché ogni energia psichica è assorbita sul Sé e volta a mantenere un precario equilibrio interno.

Sia che si tratti di narcisisti overt (“scoperti”), sicuri di sé, arroganti, apertamente aggressivi, che di narcisisti covert (“nascosti”), insicuri, inclini alla vergogna e vulnerabili alle critiche, il loro mondo psichico ruoto attorno agli stessi pilastri: grandioso, fantasie di successo e potere, bisogno di ammirazione, invidia, pretesa di essere speciali e di avere ogni diritto sugli altri.

Il narcisista ha di base una personalità fragile e poco evoluta. L’aspetto narcisistico, fatto di iper-valutazione del Sé, onnipotenza e svalutazione dell’altro, è la corazza con la quale affronta il mondo, in modo superficiale ed egoistico, perché incapace di vera intimità e di costruire legami basati sul rispetto e sulla reciprocità.

Il potere ed il controllo

L’unico “linguaggio” che il narcisista parla, all’interno delle relazioni e nel suo mondo intimo, purtroppo, è quello della prevaricazione e dello sfruttamento: dominare per non essere sottomesso, svalutare per non sentirsi inferiore, controllare l’altro per non viversi come impotente, alla sua mercé.

Il mondo interno del narcisista è una terra desolata: la sua fragilità di base lo porta a negare e allontanare da sé ogni sentimento di vulnerabilità, di vera tenerezza, per questo manca completamente di empatia: non può entrare in risonanza emotiva con un altro, percepito nelle sue emozioni e fragilità, perché questo lo metterebbe a contatto con le proprie fragilità ed emozioni scisse (negate e tenute separate) e la sua corazza psichica rischierebbe di crollare, lasciando scoperto un Sé precario e danneggiato.

Per questo il narcisista disprezza la fragilità dell’altro, che in ogni relazione intima inevitabilmente e vitalmente emerge, e rispetta solo la potenza, la forza, la violenza. Cercare di suscitare in un narcisista un sentimento umano, soprattutto quando è nella modalità “distruggi o muori”, è come lanciarsi a 100 km all’ora su un muro di cemento armato: ci si fa solo male.

La sopraffazione travestita da amore

Più il narcisismo del partner è “maligno” più la relazione scivolerà, dall’euforia e dalla “luna di miele” delle prime fasi, ad una prigione di controllo e violenza, con continue svalutazioni e critiche, atteggiamenti ossessivi, possessività e gelosia, abusi verbali, fisici o sessuali, isolamento sociale, sottomissione economica, fino all’annientamento psicologico, e nei casi estremi anche fisico, dell’altro.

La cosa difficile da comprendere, per chi valuta la relazione dall’esterno, è che il partner narcisista non è solo questo: spesso sono personalità affascinanti, avvolgenti, che inizialmente, ma anche successivamente (in modo però oscillante e strumentale), riempiono di attenzioni e premure e si presentano come i “partner perfetti”.

Sono molto abili nel suscitare nell’altro, nel bene e nel male, emozioni estreme, violente, che rinforzano la dipendenza, nell’istillare incertezza, dubbi, sensi di colpa, nel ribaltare le situazioni e passare da “vittime” e questo rende estremamente difficile, almeno inizialmente, cogliere pienamente il loro lato abusante.

Purtroppo la violenza è nascosta, minimizzata, confusa con le manifestazioni di un “amore” (malato!), che semplicemente non è amore, ma l’esatto contrario: distruttività ed esercizio di potere.

I campanelli d’allarme

Ci sono diversi campanelli d’allarme che vengono sistematicamente ignorati o minimizzati dalle vittime innamorate: nervosismi ingiustificati; tendenza al controllo e alla possessività, spesso scambiata per dimostrazione d’interesse ed amore; atteggiamenti di critica e svalutazione, che fanno sentire inadeguati e “mai abbastanza”; repentini cambiamenti d’umore; incapacità di ammettere i propri errori e di prendersi le responsabilità dei propri comportamenti, per cui vengono sempre trovate giustificazioni, spesso incolpando gli altri; tendenza a non mantenere gli impegni, a raccontare piccole o grandi bugie, a dire tutto e il contrario di tutto per confondere l’interlocutore.

La personalità narcisista è estremamente abile nell’arte della manipolazione: cadere dalle nuvole, far intendere all’altro di aver capito male, passere per la vittima della situazione, attribuendo al partner colpe immaginarie, o comunque esagerate, confondere le idee e mentire in modo subdolo, fino a portare la vittima a dubitare della sua memoria e delle sue stesse percezioni (gaslighting).

Le diverse forme della violenza nelle relazioni intime

Come abbiamo detto, la violenza in una relazione intima può assumere diverse forme, per niente meno gravi della violenza fisica e a volte difficili da identificare, nel contesto del rapporto d’amore e del legame con l’altro.

Naturalmente la violenza fisica, anche una spinta o uno schiaffo, più che un campanello d’allarme è un indice molto grave che ormai si è passato il segno e che la violenza nella relazione viene agita allo scoperto, senza più alcuna copertura.

Ma ci sono indici altrettanto gravi di violenza, che troppo spesso vengono sottovalutati o addirittura “giustificati”, sia dalla vittima, sia purtroppo dal contesto familiare e sociale, non preparato a coglierne la gravità. A scopo esemplificativo (per ragioni statistiche) parlerò della vittima al femminile, ma può anche naturalmente avvenire il contrario:

  • controllare e limitare la vita della partner con la “scusa” della gelosia (compreso il controllo del telefono, della posta o dei social);
  • scoraggiare i suoi impegni e le sue uscite da sola, spesso con la scusa di voler passare più tempo possibile insieme o di non poter stare lontano da lei;
  • parlare male dei suoi familiari, amici o colleghi e cercare di isolarla socialmente;
  • svalutare e sminuire (anche con tono bonario o sarcasmo), deridere, umiliare, criticare e rimproverare, accusare di essere poco presente o affettuosa;
  • intimidire o spaventare, con parole, urla ma anche solo con gesti o sguardi;
  • costringere, fare pressioni o minacciare allo scopo di imporre la propria volontà e il proprio punto di vista, inclusa la minaccia di interrompere la relazione o di farsi del male (anche quella di suicidarsi è spesso usata dal manipolatore per far sentire in colpa la vittima);
  • strumentalizzare i legami della partner per danneggiarla (cercare di mettere i figli, i genitori, gli amici o terze persone contro di lei);
  • minimizzare gli episodi di violenza, negare che siano avvenuti, spostare la colpa sulla vittima, accusarla di essere “esagerata”, “troppo emotiva” o di aver “interpretato male”.
  • ogni forma di sfruttamento domestico, economico e sociale: trattare la partner come una serva, escluderla dalle decisioni che la riguardano, impedirle di lavorare, prenderle o pretendere denaro, utilizzarla come prestanome o garante per attività finanziarie.

Altre forme molto gravi di violenza, che sono anche reati penali, sono il perseguitare attraverso messaggi, telefonate o sui social, insistere con inviti o regali non graditi, inseguire o pedinare (stalking), la violenza sessuale (si intende ogni approccio sessuale non gradito e non consensuale, anche all’interno della relazione di coppia) e la condivisione o pubblicazione di materiale intimo senza il consenso (revenge porn).

L’incastro tra il carnefice e la sua vittima: come uscirne

Spesso è difficile “slegare” i rapporti di dipendenza e violenza, perché vittima e carnefice si incontrano e si incastrano in un patto segreto e inconsapevole: due mondi inconsci, complementari e fatti per agganciarsi, si saldano in una relazione di dipendenza reciproca e soffocante, che porta alla morte psichica (e talvolta, ahimé fisica), invece che all’evoluzione e alla crescita, insite invece in ogni rapporto sano.

Un narcisista fiuta da lontano una personalità sensibile, incline all’iper-accudimento e al senso di colpa, con la sindrome dell’“io ti salverò” e magari con alcune fragilità a livello di autostima (anche molto nascoste), oppure in un momento difficile della propria vita, e ci si attacca come una sanguisuga, come un parassita dell’anima. Non a caso, questo tipo di narcisisti sono anche denominati “vampiri energetici”.

Il narcisista a livello profondo, inconscio, più percepisce l’altro come “pieno di valore” più si sente minacciato, perché quel “pieno” lo mette dolorosamente a confronto con il suo “vuoto”, dunque deve impossessarsi di quel valore, di quella energia che invidia e che non gli appartiene, nutrirsene e nel contempo distruggerla, in modo che nessun altro possa avere e gioire (nemmeno la legittima proprietaria) di ciò che lui non può e non potrà mai da solo avere. 

Per questo i narcisisti più maligni, di fronte ad una donna che li vuole lasciare e rifarsi una vita, arrivano ad ucciderla, o a sfregiarla. In realtà, sono loro i veri dipendenti, che non possono però pensare la propria dipendenza, che implica mancanza, impotenza, per questo la trasformano in violenza, nel tentativo estremo di recuperare il controllo, di non sentirsi annientati.

La partner, dal canto suo, cade vittima di un proprio senso di onnipotenza inconscia, sempre insita nell’”io ti cambierò” ed altra faccia della medaglia rispetto all’auto-attribuzione di ogni responsabilità: se posso tutto, lo posso nel bene e nel male: è colpa mia se non mi ama, è colpa mia se si è arrabbiato, se ha perso il controllo, ma se mi comporto “bene” mi amerà e cambierà.

Questa illusione di onnipotenza è spesso una difesa psicologica, strutturata fin dall’infanzia, e legata alla propria storia affettiva e familiare, per cui è molto importante, per “disinnescare” il legame tossico, l’aiuto di un terapeuta esperto.

Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.

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