Adolescenza: piccolo “manuale” per genitori ed educatori – Psicologa Roma Acilia Ostia – Psicoterapeuta Infernetto Casal Palocco – Online
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Adolescenza: piccolo “manuale” per genitori ed educatori

Prontuario per comprendere e aiutare gli adolescenti che abbiamo in casa o attorno a noi.

Svogliati, disordinati, umorali, ribelli, contraddittori, perennemente “sdraiati”, iper-connessi … così vengono descritti gli adolescenti, questi esseri misteriosi, difficili da comprendere, marziani a piede libero, che abitano le nostre case, spesso mettendole a soqquadro. Ma cosa possiamo dire degli adolescenti da un punto di vista psichico? La psicologia può aiutarci a capirli, guidarli e aiutarli quando sono in difficoltà.

L’età dell’incertezza

L‘adolescente, e il suo desiderio di essere contemporaneamente come tutti gli altri e come nessun altro.

(J. Drillon)

L’adolescenza è quell’età incerta, anche nella durata, che inizia con i primi segni della pubertà e finisce con il completamento dello sviluppo psicofisico. Questo periodo della vita, ai confini tra l’infanzia e l’età adulta, ha un fascino tutto suo e lo ricordiamo con emozione, nostalgia o sollievo per esserne usciti vivi, comunque mai con indifferenza.

Con l’inizio della pubertà, tra il 10 e i 12 anni circa, il bambino o la bambina iniziano rapidamente a cambiare: aumenta la statura, cambiano le forme, si trasforma la voce, cresce la barba o arrivano le mestruazioni. Piccoli abbozzi di uomini e donne sembrano voler uscire a forza da un corpo infantile. Il povero preadolescente si sveglia ogni mattina sempre diverso dalla sera prima, si sente cambiato, non si riconosce più. Ma anche l’ambiente circostante lo vive come un piccolo alieno, fonte di guai e preoccupazioni.

Ogni “terra di mezzo” è sempre una frontiera, così l’adolescente può essere visto come un eroe romantico, che parte sul suo cavallo alla ricerca di un bene più prezioso del Santo Graal: la propria identità. E proprio la conquista dell’identità adulta, infatti, il compito centrale di questa importante fase evolutiva.

Impeto e tempesta?

Tradizionalmente, l’adolescenza è vista come un periodo di “impeto e tempesta”, caratterizzato da tormenti interiori degni di un romanzo ottocentesco. In realtà, per quanto in questa fase siano comuni turbamenti e contraddizioni, un adolescente “normale” non è per forza un disagiato e se, come genitori o insegnanti, assistiamo a eccessivi segni di malessere, abbiamo il dovere di prenderli in seria considerazione.

Un adolescente sano può essere insicuro, umorale, incoerente, ombroso, ribelle, ma mantiene un proprio equilibrio di base: raggiunge i risultati scolastici, o comunque fa il minimo sindacale, struttura rapporti di amicizia e intimità, anche pochi ma buoni, sa legare con gli altri e rispettarli, ma anche farsi rispettare. Sicuramente litiga con i genitori, ma i rapporti non arrivano mai a fratturarsi, né si stabilisce una distanza emotiva abissale. Se le cose vanno diversamente, bisogna sempre porsi degli interrogativi.

In realtà questo “adolescente” di cui parlo è un’astrazione, perché nella realtà incontriamo sempre l’adolescente inserito nel suo contesto di vita: questo è il binomio che va considerato per parlare di benessere o malessere e capire se l’avventura adolescenziale avrà un esito positivo o negativo.

L’adolescente non sbarca dalla luna

Il contesto più importante di cui tenere conto è sempre quello familiare, perché la famiglia dà al ragazzo la “cassetta degli attrezzi” per mettersi in viaggio, gli strumenti per affrontare l’esterno: la scuola, le amicizie, le nuove compagnie, gli ambienti diversi in cui si avventurerà da solo.

Per quanto abbia scherzosamente definito l’adolescente un alieno, non arriva certo dalla luna! C’è una forte linea di continuità tra l’adolescenza e le precedenti fasi della vita, al di là degli apparenti sconvolgimenti.

Le difficoltà dell’adolescente non nascono mai in questo periodo, ma affondano le loro radici in quello che è successo prima. Semplicemente, in adolescenza, tutti i nodi vengono al pettine, a  causa del grande lavoro psichico sotterraneo richiesto al ragazzo o alla ragazza.

Se la “cassetta degli attrezzi” è sguarnita, o mancano i giusti rifornimenti, adeguati all’età e alle capacità del ragazzo, i guai non tarderanno ad arrivare. Problematiche precedenti, trascurate o larvate, sono una miccia pronta ad esplodere con il detonatore della pubertà, ma la carica esplosiva era lì da tempo. Se non ci sono basi solide, l’edificio crollerà.

La sessualità

Uno dei più compiti più difficili per l’adolescente è quello di integrare i cambiamenti sessuali nell’immagine globale di sé, riconoscersi in quel corpo sessuato così diverso dal corpo da bambino a cui era abituato. Si dice che l’adolescente per la prima volta va ad abitare il corpo con cui morirà: non è certo una cosa da poco abbandonare il corpo infantile asessuato, indefinito quindi “perfetto” e impadronirsi di un corpo imperfetto, limitato, che affonda nel solco del tempo.

In questo senso, vanno interpretate tutte le insicurezze circa il proprio aspetto, le ore passate davanti allo specchio, la goffaggine, l’accanimento sui propri difetti fisici: l’adolescente sta facendo i conti con il proprio corpo, sta prendendo le misure della sua nuova casa. Inoltre, sta imparando a gestire le pulsioni sessuali che irrompono prepotentemente sulla scena, con tutti i vissuti e le paure associate.

L’adolescenza mette a confronto con la propria sessualità: le identificazioni sessuali affondano le radici nell’infanzia, ma ora la “teoria” diventa “pratica”: ragazzi e ragazzi sono chiamati a diventare uomini e donne, a sperimentarsi nelle relazioni romantiche e sessuali, definendo il proprio orientamento.

All’inizio della pubertà, si vedono gruppetti di ragazzini e ragazzine che se ne stanno separati, si misurano con i compagni del proprio sesso e sperimentano i ruoli in questo contesto “protetto”. Più tardi assistiamo alla nascita delle comitive miste, in cui si attua il confronto con l’altro sesso. Nascono i primi amori, si scopre la sessualità adulta. Chi sono io? Chi mi piace? Come mi pongo in relazione all’altro? Sono queste le domande a cui l’adolescente dovrà faticosamente dare risposta.

Il gruppo dei pari

L’adolescente cerca se stesso nel gruppo dei pari, che per lui è l’habitat ideale per forgiare la propria identità, come si fa con i muscoli in palestra. Data questa funzione del gruppo, capiamo perché anche le comitive più “anticonvenzionali” siano pervase al loro interno da un profondo conformismo. I ragazzi sembrano tutti uguali tra loro, e diversi dagli altri, come se indossassero una “identità in prestito” per sopravvivere ai travagli interiori e intanto lavorare segretamente alla costruzione della propria vera identità, ancora troppo fragile per essere esposta al mondo.

Un adolescente, in qualsiasi ambiente sia inserito, a scuola o nel quartiere, sarà confrontato sempre con diversi tipi di persone e sceglierà le proprie frequentazioni, spesso in modo inconsapevole, in base alle sue esigenze interiori. A volte, i genitori danno la colpa delle difficoltà dei figli alle “cattive compagnie”, ma perché il ragazzo le ha scelte? In un momento in cui l’identità individuale si modella e si plasma grazie al confronto con i pari, è importante capire cosa il ragazzo abbia trovato in quell’amico o in quel gruppo, cosa cerchi da loro.

Diventare adulti

L’adolescente deve “uccidere” il padre e la madre, in senso metaforico ovviamente, per quanto talvolta possa fantasticare di farlo realmente! Questo significa abbandonare le immagini infantili di un genitore idealizzato, buono o cattivo, ma comunque onnipotente.

Per “far fuori” i genitori bisogna innanzitutto averli, non in senso fisico, ma in senso psichico: il padre e la madre, durante tutta la crescita, devono essere stati vere figure di riferimento, una base sicura per i figli e validi modelli di identificazione. Se si sono “suicidati” da soli, con l’assenza o l’incompetenza, ci saranno seri problemi in adolescenza. Il “vuoto” trattiene molto di più del “pieno”: il ragazzo rimane vincolato al genitore infantile, debole, trascurante o abusante, perché non ha potuto prendere da lui la sicurezza necessaria ad andarsene.

Un ragazzo può voltare le spalle ai genitori e avventurarsi nel mondo se li ha potuti “mettere dentro di sé”, a livello profondo, di identificazioni primarie. Solo allora, attraverso il secondo processo di separazione-individuazione, che avviene proprio in adolescenza, potrà mettere in discussione le identificazioni e i modelli infantili e trovare la sua strada. Bisogna poter accettare le proprie origini per costruirsi un futuro, cosa difficile quando i rapporti non sono stati sufficientemente buoni.

Il ruolo dei genitori

Al di là di come siano andate le cose nel passato, cosa può fare un genitore in questa fase? Innanzitutto, è importante che sia più che mai presente, senza essere invadente. Deve costantemente vigilare sulla vita del figlio, dandogli però sempre più fiducia e margini di autonomia.

Trovare l’equilibrio, la giusta distanza, può essere difficile, perché l’adolescenza di un figlio suscita forti vissuti emotivi e potenti identificazioni, più o meno consapevoli, con se stessi e il proprio percorso. Il rischio è quello di proiettare i propri “fantasmi” sul figlio, vedendo ciò che non c’è, e non ciò che invece si dovrebbe vedere. Inoltre, la crescita dei figli coincide, a livello di ciclo vitale, con la mezza età del genitore, con tutte le difficoltà e le crisi che questa può comportare. Per alcuni, può non essere facile “lasciare andare” i figli, ritrovarsi da soli con se stessi, con il proprio rapporto di coppia, con le insoddisfazioni lavorative, con i bilanci di vita più o meno in attivo.

Nonostante tutte queste difficoltà, le antenne devono essere sempre dritte e bisogna stare molto attenti alle manifestazioni di disagio dei nostri figli, che spesso vengono trascurate a causa di quel luogo comune che vede l’adolescenza come un periodo “tormentato” per definizione, inducendo a credere tutto si aggiusterà con la crescita.

Adolescenze problematiche

L’assunzione dell’identità adulta, se non sorretta da buone identificazioni infantili, cioè da rapporti con le figure genitoriali che siano stati adeguati e strutturanti, può essere un compito particolarmente arduo e il ragazzo può trovarsi in una situazione di stallo. A queste difficoltà può reagire in diversi modi: ritirandosi tramite il disimpegno, sviluppando dipendenze, cadendo nell’abuso di sostanze, rifugiandosi in qualche ideologia o in un gruppo a forte carica identitaria, in modo acritico dunque “pericoloso”, assumendo un’identità negativa, di poco di buono o delinquente.

Bisogna stare attenti anche alle adolescenze troppo “silenziose”, ai ragazzi che si comportano subito da “piccoli adulti”, perché spesso è segno di una difficoltà nel processo adolescenziale che porta il ragazzo a “fuggire in avanti”, assumendo una pseudo-identità adulta, senza passare per la necessaria ristrutturazione interna. Così, i problemi vengono solo rimandati e inevitabilmente esploderanno in seguito, in modi spesso imprevedibili.

Per essere adulti basta diventare grandi?

Il termine adolescenza deriva dal verbo latino “adolescere”, che vuol dire crescere. Ma in cosa consiste questa crescita? Come si diventa adulti e cosa ci rende tali? Se da un punto di vista legale, l’età adulta si raggiunge a 18 anni, dal punto di vista psicologico le cose sono molto più complicate.

La maturità psichica consiste nell’assumere su se stessi la responsabilità della propria vita, insieme a tutta la libertà e al peso che ne consegue. Sedersi sul trono della legge, che è ormai una legge interiore: non si è più “pro o contro” qualcosa, non si agisce più conformandosi o ribellandosi, ma secondo la propria etica e le proprie convinzioni morali.

Ci sono molti “grandi” che non sono mai diventati “adulti” e questo è causa di profonda insoddisfazione e sofferenza per loro e per chi li circonda. Sono quelle persone perennemente a caccia di un ideologia o di un idolo su cui “saldare” la loro fragile identità, sempre rivolti all’esterno in cerca di un salvatore o di un colpevole, che faccia da capro espiatorio per tutti i loro disagi e le loro frustrazioni. Continuamente domandano la strada, senza capire che ogni persona è la sua strada.

Queste persone sono chiaramente “fuori tempo” rispetto a se stesse, non sappiamo se potranno realmente crescere, diventare mature. L’adolescente è invece al suo posto: il suo ruolo è quello, di trasformare l’indefinito in definito, la potenza in atto. E dunque un momento “eroico” della vita, che ci confronta al compito più alto: diventare noi stessi. Non tutti, purtroppo, ne escono così bene.

Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.

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