Scusi il “disturbo”. Quali disturbi possono essere trattati con la psicoterapia? – Psicologa Roma Acilia Ostia – Psicoterapeuta Infernetto Casal Palocco – Online
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Scusi il “disturbo”. Quali disturbi possono essere trattati con la psicoterapia?

Di che cosa si occupa? Tratta questo tipo di disturbi? Potrà aiutarmi con il mio problema?

A volte le persone che mi chiamano per una seduta mi chiedono di cosa mi occupo e se tratto questo o quest’altro disturbo, come ansia, depressione, crisi di coppia, disturbi infantili, ecc.

Un terapeuta psicoanalitico, dopo la laurea specialistica in psicologia, ha fatto un lungo percorso di studio e approfondimento rispetto allo sviluppo umano, normale e patologico, e il trattamento dei disturbi psicologici, emotivi e relazionali. Non si è limitato a un training specifico sul trattamento sintomatico del panico, delle fobie o di alcuni problemi relazionali.

Attraverso la terapia psicodinamica, si possono trattare moltissime tipologie di problemi e disturbi, ma questo non vuol dire che vada bene per tutte le persone e in tutte le situazioni. Se può essere utile o meno nel caso in questione, viene stabilito attraverso  i colloqui di valutazione (solitamente quattro), in cui la persona che fa richiesta e il terapeuta analizzano insieme in maniera approfondita il problema, esplicitando alcuni aspetti che hanno bisogno di chiarificazione: la natura dei sintomi o delle problematiche presentate, la motivazione al trattamento, le aspettative (implicite e esplicite) sulla terapia, le risorse della persona a livello individuale e ambientale, gli eventuali ostacoli al trattamento ed i possibili obiettivi terapeutici (indagine psicodinamica breve*).

Un aspetto molto importante da indagare è come mai la richiesta di aiuto arrivi proprio in questo momento, a fronte di problemi che magari vanno avanti da mesi o anni. Spesso le persone cullano a lungo l’idea di rivolgersi a una specialista, ma quando finalmente decidono di alzare il telefono c’è sempre una “goccia” che ha fatto traboccare il vaso e capire quale sia stata ci dice molto rispetto a cosa abbia realmente portato la persona a perdere l’equilibrio fino ad allora faticosamente mantenuto, a prezzo magari di una notevole sofferenza, dunque alla natura del problema in questione (ipotesi di crisi).

Spesso, la persona ha capito che non è in grado di risolvere il problema da solo e vuole un aiuto per ritornare a come era prima dell’esplosione dei sintomi e delle problematiche da lui denunciate, senza considerare che è proprio da quella situazione, da quel “prima”, che sono nati tutti i problemi. Quello che noi gli proponiamo nel corso della terapia, e implicitamente a partire dalla consultazione, è qualcosa che può essere tanto sconvolgente quanto necessario: cambiare quello che non crede di dover cambiare, o che non pensa possa essere cambiato. Non un ripristino della “normalità”, dunque, ma un nuovo equilibrio.

Spesso le persone che arrivano in terapia ci portano un problema, ad esempio gli attacchi di panico o una crisi di coppia, che non è altro che la manifestazione ultima di un disagio covato nel tempo. Altri arrivano già con una “diagnosi”, che si sono fatti da soli, gli hanno fatto le persone care o magari è stata suggerita loro da un medico: sono depresso, il mio partner è “ossessivo”, mio figlio è dipendente dai videogiochi. Spesso, la  definizione del problema che portano i pazienti fa parte del problema stesso e nei colloqui di valutazione si tende ad allargare la visione della situazione e si propone una sua ridefinizione (restituzione).

Bisogna anche capire se la persona che fa richiesta di un trattamento è veramente quella che ne ha bisogno: a volte, un paziente può chiedere una terapia individuale, ma viene fuori che il problema è familiare. Altre volte, può presentarsi una famiglia con un figlio “problematico”, ma il disturbo è in realtà a livello della coppia dei genitori. Quindi bisogna chiedersi: chi è il vero paziente? (scelta del “setting” terapeutico).

Un sintomo o un comportamento problematico non è che l‘espressione visibile di uno squilibrio a livello psicologico e relazionale che deve essere indagato e compreso. Il sintomo è spesso l’unica “soluzione” trovata dalla persona (o dalla famiglia) a un problema emotivo o relazionale, un “rimedio” che paga a caro prezzo. Dunque, dobbiamo capire la funzione di quel sintomo, o problema, rispetto al mantenimento di uno pseudo-equilibrio interno e alle dinamiche del contesto di vita (ipotesi diagnostica). Capirlo insieme al paziente, e trovare una soluzione che sia reale ed efficace, è in realtà il fine ultimo del trattamento, anche se durante la consultazione si pongono le basi per questa ricerca.

Finito questo percorso di consultazione, e solo allora, se insieme alla persona che chiede aiuto valutiamo che la terapia psicoanalitica possa essere un valido strumento per affrontare i suoi problemi, facciamo un accordo terapeutico e iniziamo il lavoro insieme.

In genere, la nostra terapia non è indicata nel caso di persone che portano una motivazione e una richiesta di cambiamento non in linea con gli obiettivi di un trattamento psicodinamico. Durante la consultazione, si valuta se sia possibile trasformare una iniziale richiesta “incongrua”, o sia meglio indirizzare la persona altrove. Chiaramente la terapia può trattare solo problematiche di ordine psichico, emotivo e relazionale. Se un paziente ha problemi che derivano da un disturbo organico, la terapia può affrontare solo gli aspetti e le conseguenze psicologiche del problema, dunque è importante saper distinguere i piani e proporre i necessari approfondimenti in caso di dubbi diagnostici. Nel caso di pazienti affetti da gravi disturbi psichiatrici, la terapia può essere d’aiuto se condotta con gli opportuni accorgimenti tecnici e sempre in collaborazione con lo psichiatra di riferimento e le altre figure che assistono il paziente.

Nel caso di bambini e adolescenti, il terapeuta lavora con tutta la famiglia, sia perché non hanno un’autonomia psicologica sufficiente per affrontare un percorso individuale, sia perché i loro sintomi sono inevitabilmente espressione di un disagio familiare e sarebbe inutile affrontarli individualmente. Nel caso di bambini non ancora in età scolare, generalmente si tende a escluderli dalle sedute e lavorare solo con i genitori. Con i bambini più grandi si valuta la situazione. Con i tardo-adolescenti e giovani adulti, si prende in considerazione il tipo di problema, la maturità del ragazzo, la disponibilità dei familiari, ed eventualmente si può propendere per una terapia individuale. In ogni caso, se emerge la necessità, in una terapia individuale si può procedere ad una convocazione della famiglia, così come in una terapia familiare si può scegliere di fare una parte del lavoro solo con un sotto-sistema (in genere la coppia). Non c’è una regola che vada bene sempre, ma si valutano le singole situazioni e si cerca di scegliere il setting che porti il maggior vantaggio in termini di costi-benefici.

Secondo il nostro approccio, basato su un modello bio-psico-sociale*, le problematiche del paziente possono essere sempre viste sia da un punto di vista psicodinamico, cioè delle sue dinamiche interne, sia da un punto di vista sistemico, cioè delle sue relazioni, secondo le leggi che caratterizzano il funzionamento di tutti i sistemi di persone collegate tra loro (coppie, famiglie, ecc). Così, nelle sedute di coppia o familiari, l’analisi dei conflitti individuali e le tecniche di analisi del profondo lasciano spazio alla valutazione delle dinamiche relazionali e a tecniche più “interattive”. Ma il terapeuta usa sempre e comunque entrambe queste “lenti” per leggere le situazioni, e si focalizza su uno o sull’altro aspetto a seconda del momento e delle esigenze terapeutiche.

Stabilita la necessità, l’opportunità e le regole della terapia, non resta che iniziare e augurarsi “buon lavoro”!

Contatti: studio di psicologia e psicoterapia

Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.

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