Disturbi alimentari: tutto quello che c’è da sapere su anoressia e bulimia – Psicologa Roma Acilia Ostia – Psicoterapeuta Infernetto Casal Palocco – Online
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Disturbi alimentari: tutto quello che c’è da sapere su anoressia e bulimia

Tutto su anoressia e bulimia: caratteristiche, esordio, segnali precursori, trattamento. Per riconoscere il problema e trovare aiuto per sé o per un proprio caro.

Anoressia e bulimia sono disturbi del comportamento alimentare caratterizzati da una profonda alterazione del rapporto con il cibo e con il proprio corpo.

Sono prevalenti nel genere femminile, anche se esistono forme maschili. Esordiscono tipicamente nell’adolescenza o prima età adulta (tra i 12 e i 25 anni), raramente prima della pubertà o dopo i 40 anni.

Il primo passo è riconoscere il problema: le caratteristiche

  • Anoressia nervosa

La persona anoressica applica una forte restrizione all’assunzione di cibo, che la porta ad avere un peso corporeo inferiore al minimo previsto in relazione ad età, sesso, altezza e costituzione fisica.

Un’altra caratteristica fondamentale del disturbo è l’intensa paura di ingrassare (anche quando si è fortemente sottopeso) o comportamenti persistenti che interferiscono con l’aumento di peso: attività fisica eccessiva, vomito autoindotto, abuso di lassativi o diuretici, ecc.

Ci sono due sottotipi di anoressia nervosa, anche se non è raro il passaggio dall’uno all’altro: a) con restrizioni: la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva; b) con abbuffate / condotte di eliminazione: ci sono ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

  • Bulimia nervosa

Nella bulimia assistiamo a ricorrenti abbuffate, in cui la persona mangia in un dato periodo di tempo (es. 2 ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo o in circostanze simili. La sensazione, terribile, è di perdere il controllo su cosa e quanto si mangi, senza riuscire a smettere.

Alle abbuffate si associano condotte compensatorie, volte a tentare di prevenire l’aumento di peso: vomito, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.

Il cuore del disturbo: il corpo e il cibo come campo di battaglia

In entrambe le patologie, abbiamo un’alterazione del modo di vivere il proprio corpo, un’attenzione eccessiva alla sua forma e al peso, che influenzano in maniera indebita l’autostima e la vita della persona.

Ma quale battaglia conducono le anoressiche e le bulimiche sul proprio corpo? La battaglia è quella della regolazione delle emozioni, degli impulsi, della calibrazione di un’autostima fragile, difficile da mantenere a livelli adeguati, della lotta contro la propria femminilità, la sessualità, la vita adulta.

Dal punto di vista psicologico, l’anoressia è stata considerata un rifiuto della femminilità, attuato attraverso un dimagrimento che nasconde le caratteristiche sessuali del corpo, scongiurando il pericolo di una possibile maternità (spesso l’anoressia porta alla scomparsa delle mestruazioni). Le condotte restrittive dell’anoressica sono anche un modo di controllare le pulsioni attraverso l’ascetismo, raggiungendo un ideale di vita più “elevato” e senza compromessi.

Anche la bulimica lotta con la propria identità di donna: l’uso delle abbuffate come soluzione alle proprie difficoltà e come mezzo per scaricare le tensioni, impedisce di affrontare il mondo degli adulti e di imparare a gestire i propri conflitti.

Come nasce e si stabilizza la patologia alimentare

Il 90-95% dei disturbi alimentari inizia con una dieta, o comunque una restrizione alimentare che comporta una significativa perdita di peso, vissuto come un successo che innalza la sicurezza e la fiducia in sé.

La perdita di peso, il controllo sui propri bisogni e desideri, la possibilità di modellare il proprio corpo, ingenera inizialmente un grande senso di potere: fa sentire forti, pieni d’energia, invincibili. Se le restrizioni continuano, anche per ragioni biologiche, subentrano spossatezza, irritabilità e calo dell’umore.

A questo punto, alcune persone reagiscono perpetuando il digiuno attraverso una ferrea volontà, tentando di ritrovare la sensazione di benessere precedentemente sperimentata, mentre altre perdono il controllo e presentano crisi bulimiche, in cui mangiano in maniera compulsiva.

Nel primo causo, si instaura un’anoressia, in cui è applicato il diniego dei bisogni ed il controllo onnipotente: non ho bisogno di nulla, sono io a controllare tutto. Questa onnipotenza , nei casi più gravi, può arrivare ad intaccare l’istinto di sopravvivenza, portando alla morte.

Nel secondo caso, si scivola nella bulimia: le abbuffate sono un mezzo per sfogare le tensioni interne, il cibo è un riempitivo dei propri vuoti, un analgesico rispetto alla propria sofferenza. Le abbuffate pongono continuamente di fronte all’angosciante evidenza di non avere il controllo, causando stati d’ansia e depressione, che vengono ulteriormente sfogati sul cibo.

Cadere in trappola: il circolo vizioso

Il controllo dell’alimentazione rappresenta un modo di controllare le proprie emozioni e le proprie pulsioni, un campo in cui mettersi alla prova, giocandovi la propria fragile autostima.

Il digiuno o le abbuffate hanno inoltre un effetto “anestetico” e sono un modo per “non pensare” alla propria sofferenza, ai problemi ed alle paure. Infatti, poiché il cibo diventa un pensiero fisso (porzioni, calcolo delle calorie, ecc.), ci troviamo di fronte ad una vera e propria ossessione, ingovernabile, che invadendo la mente scaccia altri pensieri ed emozioni difficili da tollerare.

Quando non si ha altro modo per affrontare il proprio mondo interiore, è molto difficile interrompere l’evolvere della patologia.

La caduta dell’autostima e dell’umore conseguente alle abbuffate, o la spossatezza e la tensione conseguente al digiuno, portano a tentativi di riprendere il controllo restringendo ancora di più l’introito alimentare, alternati nelle persone che si abbuffano a continui sfoghi sul cibo, determinando un circolo vizioso da cui è molto complicato uscire.

Le cause sono complesse: vediamole insieme

Come tutti i disturbi psichici, le cause sono complesse, non abbiamo un unico fattore, ma un insieme di fattori di rischio individuali, familiari, sociali.

Le persone inclini ad ammalarsi sono fondamentalmente ansiose, insicure, tendono al perfezionismo, con una certa rigidità nell’assunzione di ruoli e nello svolgimento dei propri compiti. Spesso sono psicologicamente dipendenti dalla propria famiglia. Ci tengono a riuscire nelle cose che fanno, alla continua ricerca di approvazione esterna per rinsaldare la propria fragile autostima. Nessun risultato o traguardo sembra però colmare la loro insicurezza di base

Hanno difficoltà a gestire le tensioni ed i conflitti. Possono aver manifestato nell’infanzia tratti ossessivo-compulsivi o presentare disturbi concomitanti: ansia, depressione, oscillazioni dell’umore, abuso di alcol o sostanze,

Ci sono famiglie in cui vi è una predisposizione ad ammalarsi di disturbi dell’umore o disturbi alimentari, oltre che di altre patologie psichiche.

In alcuni nuclei familiari di persone con disturbo alimentare c’è un clima di aspettative molto alte, i genitori sono esigenti o comunque molto attenti alle prestazioni dei figli, talvolta anche di uno in particolare, considerato per qualche motivo “speciale” o “diverso”. Possono esserci stati traumiabusi psicologici, fisici o sessuali.

Va poi considerato il contesto socioculturale, che non crea il malessere di fondo, ma può orientare la persona nella “scelta” del sintomo: la nostra società è ossessionata con l’immagine del corpo femminile, i mass media ci bombardano di messaggi e modelli estetici irrealistici e contraddittori, la magrezza è considerata un valore assoluto, in senso generale, ma in alcuni contesti ancor più che in altri.

Cosa scatena la malattia e perché è così difficile uscirne

Tutti questi possono essere considerati fattori predisponenti il disturbo, che determinano una vulnerabilità individuale alla malattia, insieme alla presenza durante lo sviluppo di sovrappeso, l’iperattività e il ricorso a frequenti diete (comportamenti precursori).

Abbiamo poi i fattori scatenanti, cioè gli eventi che possono provocare l’insorgenza vera e propria del disturbo nelle persone predisposte: conflitti familiari, separazioni, lutti, cambiamenti di casa o scuola, problematiche con il gruppo di pari, eventi stressanti (esami, allontanamento dai genitori), esperienze traumatiche (abusi fisici e sessuali, aborto) e tutti gli eventi che possono minare la sicurezza personale già precaria.

Infine, vanno considerati i fattori di mantenimento: le restrizioni eccessive che provocano irritabilità e depressione, inducendo ulteriori restrizioni per recuperare un senso di benessere; il digiuno che alimenta la fame e le abbuffate, che portano ad ulteriori digiuni; la depressione che si inserisce come causa e conseguenza del comportamento alimentare disturbato.

Molto importanti sono anche le reazioni dell’ambiente alla malattia: il disturbo alimentare talvolta diventa un modo di controllare condizionare la famiglia ed il proprio ambiente di vita, di sfidare, trionfare sull’altro.

Un altro fattore importante è l’isolamento sociale: la persona perde sempre più interesse nel fare le cose, nel rapportarsi con gli altri, il suo chiodo fisso è il controllo dell’alimentazione. Si isola perché si sente osservata, giudicata, ma anche perché gli altri non capirebbero le sue ossessioni e i suoi comportamenti estremi. L’isolamento contribuisce alla depressione, alla perdita di contatto con la realtà e alla difficoltà di ricevere aiuto.

Attenzione a cogliere i segnali e a non minimizzare!

Bisogna stare attenti a cogliere l’inizio e l’instaurarsi del disturbo alimentare: le persone con un disturbo alimentare tendono spesso a negarlo o, vergognandosene, a tenerlo nascosto il più possibile ad amici e parenti.

Le anoressiche tendono a negare il problema, la sua gravità e lo stesso rifiuto del cibo: affermano che “semplicemente” non hanno fame o hanno già mangiato, che stanno benissimo. Il malessere interno è elevato, ricoperto da una coltre di apatia e indifferenza verso la propria condizione.

La persona non è in grado di parlare del proprio stato interiore, come se fosse troppo difficile da decifrare, troppo doloroso per essere affrontato o non comprensibile e condivisibile con gli altri. Non potendo “agganciare” il loro malessere, è molto difficile aiutare le anoressiche, che possono arrivare a danneggiare il loro corpo in modo irreversibile.

Nella bulimia, invece, il malessere e la sofferenza sono generalmente evidenti e riconosciuti dalla persona stessa, spesso si manifestano all’esterno con depressione, irritabilità e talvolta comportamenti impulsivi e pericolosi. L’abbuffata è descritta come uno sfogo liberatorio, un tampone verso i sentimenti d’ansia e depressione, simile alla droga per il tossicodipendente o all’alcol per l’alcolista.

Cosa fare per aiutare chi soffre, o per farsi aiutare

Non è facile aiutare una persona che soffre di disturbi alimentari, anche qualora questa desideri aiuto. C’è bisogno di un psicoterapeuta esperto, in collaborazione con lo psichiatra per l’aspetto farmacologico (se necessario), che possa all’occorrenza prendere in carico tutto il nucleo familiare. .

La famiglia, infatti, porta un grande peso, non sempre ha chiaro cosa può fare per aiutare la persona amata in difficoltà e la problematica invade tutta la vita familiare, tanto che, in qualche modo, è tutto il sistema ad ammalarsi.

Nei casi più gravi, soprattutto se il peso corporeo scende drammaticamente sotto i livelli di guardia, ci sarà bisogno di un’equipe multidisciplinare, considerando le implicazioni della patologia anche a livello organico.

Le conseguenze mediche dell’anoressia sono molto serie: problematiche cardiovascolari, gastrointestinali, renali, dermatologiche e complicanze a livello del sangue e delle ossa, che possono, nei casi più gravi portare alla morte.

Le crisi bulimiche e i comportamenti messi in atto per controllare il peso provocano alterazioni nei meccanismi di controllo della fame e della sazietà, nel metabolismo, nella funzionalità gastrointestinale, che rendono difficile tornare ad un regime alimentare normale.

Anoressia e bulimia sono inoltre associate ad altre patologie psichiche: disturbi d’ansia, depressione, disturbo bipolare, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi di personalità, abuso d’alcol o sostanze. In entrambi i disturbi il rischio di suicidio è alto e sono basse le possibilità che la problematica, una volta strutturata, si risolva spontaneamente.

Per questo è di fondamentale importanza cercare un aiuto specialistico.

Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.

Bibliografia

American Psychiatric Association (2013), Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (DSM V), Tr. It. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.

Favaro A., Satonastaso P. (1996), Anoressia e bulimia. Guida pratica per genitori, insegnanti e amici, Positive Press, Verona.

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