Come insegnare la fiducia in se stessi a bambini e adolescenti – Psicologa Roma Acilia Ostia – Psicoterapeuta Infernetto Casal Palocco – Online
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Come insegnare la fiducia in se stessi a bambini e adolescenti

L’autostima e il rispetto di se stessi sono la base della salute mentale in età evolutiva e la chiave del benessere psicologico in età adulta. Ecco come trasmetterli ai nostri bambini e ragazzi.

Il compito principale nella vita di ognuno è dare alla luce se stesso.

(E. Fromm)

I genitori non “insegnano” ai figli l’autostima, gliela trasmettono innanzitutto con il loro esempio, fungendo da base sicura, da cui partire per esplorare il mondo, ed essendo un modello di amore e rispetto per sé e per gli altri.

Sviluppiamo il senso di noi stessi innanzitutto a partire dalle relazioni significative dell’infanzia: appena nato il bambino non ha autoconsapevolezza, ma percepisce il clima di amore che lo circonda. I genitori sono lo specchio del suo valore e della sua amabilità e nei loro occhi, pieni di tenerezza per lui e ammirazione per le sue conquiste, coglie quel “luccichio” che gli rimanda il senso del suo essere speciale, unico, amato da qualcuno per lui così importante, da cui dipende la sua vita e che percepisce come onnipotente.

All’inizio della vita, il senso di sé è limitato alla fisicità: è su questo terreno che i piccoli iniziano a conoscersi, sperimentano la loro capacità di agire sul mondo, attraverso un rudimentale senso di padronanza, vissuto in “società” con i genitori, nel senso che sono loro a garantirglielo. La capacità di suscitare l’interesse di chi lo accudisce, di comunicare con lui, ottenendo ciò di cui ha bisogno, è alla base della fiducia in se stesso e negli altri.

Con la crescita, l’affetto disinteressato dei genitori, la loro accettazione dei i suoi limiti, la fiducia nella sua capacità di superarli, il rispetto dei suoi bisogni, sono il modello di amore di sé che, interiorizzato, costituisce la base della futura autostima. Un bimbo trattato con freddezza o ostilità, aperte o nascoste, o anche adorato, ma per ciò che rappresenta per il genitore, non per ciò che è, non riconosciuto nelle sue esigenze, svilupperà una stima di sé carente e, spesso, problemi psicologici e comportamentali.

In età prescolare, il bambino ha acquisito alcune importanti certezze: il suo corpo gli appartiene, si percepisce come essere pensante, è in grado di stare lontano dai genitori e impara a confrontarsi con gli altri. Le descrizioni di sé ruotano ancora su caratteristiche concrete (aspetto fisico, oggetti di sua proprietà), ma inizia a intravedere il sottostante piano psicologico. Ogni giorno è una scoperta, un nuovo apprendimento, e se attorno a lui c’è un clima sereno e incoraggiante, il piccolo svilupperà le sue potenzialità nel migliore dei modi.

Avvicinandosi alle elementari, i bambini cominciano a descriversi attraverso caratteristiche interne, come la loro indole (ordinato, turbolento), le caratteristiche emozionali (felice, triste), fino ai tratti interpersonali (gentile, timido, popolare). Se prima davano più importanza all’approvazione dei genitori che alla qualità delle proprie azioni, ora imparano a valutare più obiettivamente le loro prestazioni, anche se rimangono profondamente vincolati al giudizio delle persone significative, sia adulti che coetanei. Se i processi di apprendimento e socializzazione procedono in maniera regolare, e il clima familiare è sufficientemente buono, il bimbo incrementa la propria autostima e il senso di competenza, aiutato anche dallo sviluppo di nuove capacità cognitive (ragionamento, attenzione).

Con lo sviluppo, i concetti dei bambini diventano sempre più differenziati. I più piccoli descrivono se stessi in termini assoluti: simpatico o antipatico, felice o triste; inoltre tendono a mettere sullo stesso piano pensieri ed azioni, e questo li rende vulnerabili, perché ogni piccolo errore o critica può portarli a credersi completamente inadeguati, ogni pensiero può farli sentire in colpa, e hanno difficoltà ad ammettere qualunque aspetto o comportamento negativo, pena il sentirsi totalmente “cattivi”.

Crescendo, iniziano a comprendere che possono essere diversi in momenti diversi (ogni tanto dico qualche bugia, ma più spesso sono sincero), che una stesso aspetto o comportamento può avere valenze sia positive sia negative (il fatto che sono un chiacchierone piace ai miei amici ma fa arrabbiare le maestre), infine, che il mondo non è bianco o nero, ma esistono le sfumature: non siamo sempre allegri o tristi, gentili o sgarbati, buoni o cattivi. Questo li aiuta a essere più tolleranti e meno severi, con gli altri e con se stessi.

L’autocontrollo è collegato all’autostima in modo sia diretto sia indiretto: il bambino in grado di governarsi si sente capace, si rende socialmente accettabile, dunque riceve approvazione dagli altri, e si sente ancora più capace.

In adolescenza, la valutazione di sé diviene più complessa e astratta, comprendendo atteggiamenti, valori, opinioni. Questo è un momento cruciale per lo sviluppo e la stabilizzazione del concetto di sé: i ragazzi si mettono alla prova, si confrontano con i coetanei, sperimentare la propria identità, per questo sono ipersensibili ai giudizi e vivono come se fossero sempre sotto osservazione e valutazione. Alla fine dell’adolescenza, la rappresentazione di Sé e l’autostima assumono le caratteristiche dell’età adulta, e dopo di allora è più difficile assistere a particolari stravolgimenti in tal senso.

I bambini e gli adolescenti devono fare molte esperienze prima di prendere la misura di se stessi e del proprio valore, dunque sono sempre, in una certa misura, insicuri e dipendenti dal giudizio esterno. Bisogna stare molto attenti al fatto acquistino e mantengano una buona autostima, perché questo garantirà loro un buon adattamento sociale e scolastico e li proteggerà da eventuali esperienze negative e dai fallimenti che, inevitabilmente, fanno parte della vita.

Il bambini vanno rispettati nella loro individualità e nei loro ritmi di crescita: è estremamente dannoso, dal punto di vista dell’autostima, trattare un bimbo piccolo come fosse grande, o un adolescente come fosse piccolo, come lo è il non rispetto dei ruoli e delle gerarchie familiari: il figlio deve essere figlio, i genitori, genitori.

Un bambino deve essere innanzitutto amato, e poi riconosciuto e valorizzato e nelle sue caratteristiche e peculiarità. Un bimbo visto come “problematico”, o di cui ci si accorge solo quando si comporta male, si vivrà come “cattivo”, dunque si comporterà come tale, ricevendo sempre più feedback sulla sua inadeguatezza, non solo a casa, ma anche a scuola e tra i coetanei. Si stabilisce così un circolo vizioso di attribuzioni negative, comportamenti inadeguati, rimproveri e punizioni, che non fa che abbattere ulteriormente la sua autostima.

Ci sono delle aree fondamentali della vita dei bambini, profondamente legate all’autostima, che vanno monitorate, assicurandosi che tutto proceda nel migliore dei modi e, ove sorgano difficoltà, mettendo in campo le risorse idonee a superarle. Queste aree sono quelle della salute e dello sviluppo fisico, della scuola, del rapporto con i coetanei, degli interessi e delle passioni.

Il bambino deve essere curato e deve imparare a prendersi cura del proprio corpo, a sviluppare le sue potenzialità, anche attraverso l’attività fisica. Deve essere inserito dal punto di vista sociale e relazionale, avere almeno qualche buona amicizia. Deve essere sostenuto nel percorso scolastico, affinché possa raggiungere risultati almeno sufficienti. Deve poter scoprire e coltivare i propri interessi attraverso hobby, sport, o altre attività stimolanti e adeguate all’età.

È particolarmente nocivo tentare di imporre ai figli il proprio modo di pensare, le proprie passioni e ambizioni, non rispettando il suo carattere e le sue inclinazioni. Un bimbo timido deve essere valorizzato nelle sue qualità, piuttosto che essere spinto in modo pressante a diventare l'”anima della festa”. Ciò non toglie che un genitore attento possa fornire stimoli e strumenti per ampliare gli orizzonti, superare i limiti e smussare alcuni aspetti caratteriali, se causano disagio e sofferenza al bambino.

Lo stile genitoriale più idoneo a promuovere l’autostima e l’autocontrollo in età evolutiva è uno stile autorevole: vanno posti limiti chiari e coerenti, appropriati all’età ed alle capacità dei figli. Questi devono essere spinti al ragionamento, e non all’ubbidienza passiva, né essere lasciati a briglia sciolte. Devono essere rispettati nelle loro esigenze, posti di fronte a sfide stimolanti, ma alla loro portata, e spinti sempre un passo più in là nelle loro conquiste.

Psicologa Psicoterapeuta Acilia (Ostia, Infernetto, Casal Palocco-Axa) e Corso Trieste, Roma.

Leggi anche: Piccola guida all’autostima

Bibliografia

Pope A., McHale S., Craighead E. (1988), Migliorare l’autostima. Un approccio psicopedagogico per bambini e adolescenti, Tr. It. Erikson, Trento, 1992.

Winnicott D.W. (1965), Sviluppo affettivo ed ambiente, Tr. It. Armando Editore, Roma, 1970.

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